pistacchio di bronte

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Tra le parole più odiate degli ultimi tempi, eccezion fatta per quelle del lessico pandemico, un posto d’onore spetta a “resilienza”. Non per il suo significato, di per sé splendido, ma per il suo (ab)uso modaiolo e spesso fuori contesto. Ogni tanto, però, è bello potersene riappropriare a ragion veduta. Ad esempio, parlando della brontese Pistacchio S.p.A., realtà leader nella lavorazione di frutta secca (in primis del rinomato Pistacchio Verde di Bronte DOP, commercializzato a marchio Marullo), l’inviso termine risulta assai calzante. Nel luglio del 2019, a pochi mesi dalla diffusione mondiale del Covid-19, l’azienda, in piena controtendenza, ha deciso di ampliare il suo comparto produttivo acquistando a Farigliano, in provincia di Cuneo, uno stabilimento dedicato alla trasformazione delle migliori varietà di nocciole presenti sul mercato, destinate a clienti illustri (a spiccare è il nome dell’industria Venchi, con la quale è stato stretto un accordo di filiera). Non paga di tale implementazione, la Pistacchio S.p.A. sta anche dando vita in questi mesi a un nuovo stabilimento a Piano Tavola, cittadina del catanese a poche decine di km da Bronte. Quest’ultimo sarà dedicato esclusivamente alla lavorazione del pistacchio e, con i suoi ben 14.000 mq, si configurerà come il più grande sito produttivo del Sud Italia. Ci pare, in fin dei conti, un ottimo esempio di resilienza vera. Diremmo, quella DOP.